mercoledì 1 ottobre 2008

IL BURRONE

Un monaco si lamentò con il suo maestro perché non riusciva a raggiungere il satori.
"La colpa è tua" gli rispose il maestro.
"In che cosa sbaglio? Che cosa mi manca?" domandò l'allievo.
"Vieni con me, e te lo mostrerò."
Il maestro chiamò un altro discepolo, che era cieco, e tutt'e tre si recarono sulla montagna, in un punto in cui uno stretto tronco era stato gettato su un burrone.
"Attraversa!" disse il maestro al primo monaco.
Il poveretto guardò il fondo del burrone, il debole tronco e rispose: "Non posso: ho paura".
Allora il maestro si rivolse al discepolo cieco e gli diede lo stesso ordine.
Il monaco attraversò senza esitare il burrone.
"Hai capito?" domandò il maestro al primo monaco.

sabato 20 settembre 2008

6 aforismi

La ricerca della liberazione è sofferenza. Anche se provate qualcosa di ineffabile, volete sempre di
più. Non esiste la permanenza nella natura delle cose. L'illuminazione (ammesso che ci sia) non è
affatto un'esperienza. Così realizzate che non c'è niente da realizzare... e questo è un duro colpo.
Non è che io sia in uno stato di non-conoscenza; quando dico "non so nulla" questa è l'espressione
del mio stato. Non so niente riguardo al mio stato. Un giudizio negativo o positivo al riguardo è
solo nel campo del pensiero.

U.G. Krishnamurti



L'uomo è uno straniero sulla Terra e la sua vita un viaggio scosso dalle tempeste.

Vincent Van Gogh



Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la
metà.

Epitteto



Perchè ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato?
Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell'individuo dal quale volevi
fuggire.

Socrate



Occhio per occhio... e il mondo diventa cieco.

Gandhi



Non vive due volte questo giorno.
Atomo di tempo grande perla.
Mai più tornerà questo giorno.
Ogni suo istante è una gemma inestimabile.

Takuan

venerdì 19 settembre 2008

Il corpo non può trattenere a lungo le sensazioni

DIFFERENZIARSI DAL VOLGO

Tralascia lo studio e non avrai afflizioni.
Tra un pronto e un tardo risponder sì
quanto intercorre?
Quel che gli altri temono
non posso non temer io.
Oh, quanto son distanti e ancor non s'arrestano!
Tutti gli uomini sono sfrenati
come a una festa o un banchetto sacrificale,
come se in primavera ascendessero ad una torre.
Sol io quanto son placido! tuttora senza presagio
come un pargolo che ancor non ha sorriso,
quanto son dimesso!
come chi non ha dove tornare.
Tutti gli uomini hanno d'avanzo
sol io sono come chi tutto ha abbandonato.
Oh, il mio cuore di stolto
quanto è confuso!
L'uomo comune è così brillante
sol io sono tutto ottenebrato,
l'uomo comune in tutto s'intromette,
solo io di tutto mi disinteresso,
agitato sono come il mare,
sballottato sono come chi non ha punto fermo.
Tutti gli uomini sono affaccendati
sol io sono ebete come villico.
Sol io mi differenzio dagli altri
e tengo in gran pregio la madre che nutre.

L'artista taccagno

Gessen era un monaco artista. Prima di mettersi a disegnare o a dipingere, insisteva sempre perché lo pagassero in anticipo e i suoi compensi erano molto alti. Tutti lo conoscevano come "l'artista taccagno".

Una volta una geisha gli ordinò un dipinto.

«Quanto puoi pagare?» chiese Gessen.

«Quello che vuoi tu,» rispose la ragazza «ma voglio che tu faccia il lavoro davanti a me».

Così un certo giorno Gessen fu chiamato dalla geisha. Ella dava una festa per il suo protettore.

Gessen, con eleganti pennellate, fece il dipinto. Quando lo finì, chiese la cifra più alta di quel tempo.

Ricevette la somma. Allora la geisha, rivolgendosi al suo protettore, disse: «Quest'artista non vuole che il denaro. I suoi dipinti sono belli ma la sua mente è sudicia; il denaro l'ha trasformato in una melma. Uscita da una mente così sporca, la sua opera non è degna di essere esposta. E' a malapena adatta per una delle mie sottovesti». E togliendosi l'abito, chiese a Gessen di fare un'altra pittura sul dietro della sua sottoveste.

«Quanto mi paghi?» domandò Gessen.

«Oh, qualunque somma» rispose la ragazza.

Gessen stabilì una cifra spropositata, fece il dipinto come gli era stato chiesto di farlo e se ne andò.

In seguito si seppe che Gessen era tanto avido di denaro per diverse ragioni.

Spesso la sua provincia era afflitta da una terribile carestia. I ricchi non aiutavano i poveri, così Gessen aveva un magazzino segreto, ignoto a tutti, che lui teneva sempre pieno di grano, pronto per quei casi di emergenza.

La strada che portava dal suo villaggio al Santuario Nazionale era in pessimo stato e per molti pellegrini il viaggio era estremamente disagevole. Lui voleva costruire una strada migliore.

Il suo insegnante era morto senza portare a compimento il desiderio di costruire un tempio, e Gessen voleva terminare questo tempio per lui.

Quando Gessen riuscì a realizzare questi tre desideri, buttò via i pennelli e gli attrezzi da pittore e, ritiratosi sulle montagne, non dipinse mai più.

sabato 13 settembre 2008

Trovare un diamante su una strada fangosa

Gudo era l'insegnante dell'imperatore del suo tempo. Però viaggiava sempre da solo come un mendicante girovago. Una volta, mentre era in cammino verso Edo, il centro culturale e politico dello shogunato, si trovò nei pressi di un piccolo villaggio chiamato Takenaka. Era sera e pioveva a dirotto. Gudo era bagnato fradicio. I suoi sandali di paglia erano a pezzi. In una casa colonica vicino al villaggio vide quattro o cinque paia di sandali su un davanzale e decise di comprarne un paio.

La donna che gli vendette i sandali, vedendolo così bagnato, lo invitò a passare la notte lì in casa. Gudo accettò con molti ringraziamenti. Entrò e recitò un sutra davanti al reliquiario della famiglia. Poi la donna lo presentò a sua madre e ai suoi figli. Notando che avevano tutti un'aria afflitta, Gudo domandò se fosse accaduta qualche disgrazia.

«Mio marito gioca d'azzardo ed è un beone» gli spiegò la padrona di casa. «Quando gli capita di vincere si ubriaca e diventa manesco. Quando perde si fa prestare i soldi dagli altri. A volte, quando è ubriaco fradicio, non rincasa nemmeno. Che posso fare?».

«Lo aiuterò io» disse Gudo. «Ecco un po' di denaro. Procurami un gallone di vino buono e qualcosa di stuzzicante da mangiare. Poi andatevene a dormire. Io resterò in meditazione davanti al reliquiario».

Quando, intorno alla mezzanotte, il marito della donna rincasò completamente ubriaco, si mise a berciare: «Ehi, moglie, io sono a casa. Non c'è niente da mangiare?».

«Qualcosa ce l'ho io» disse Gudo. «Sono stato sorpreso dalla pioggia, e tua moglie mi ha gentilmente invitato a passare qui la notte. Per ringraziarla ho comprato del pesce e un po' di vino, sicché puoi gustarne anche tu». L'uomo fu tutto contento. Bevve subito il vino e si sdraiò sul pavimento. Gudo rimase in meditazione accanto a lui.

Quando il marito si svegliò la mattina dopo, non ricordava più nulla della sera prima. «Chi sei? Da dove vieni?» domandò a Gudo che stava ancora meditando.

«Sono Gudo di Kyoto e sto andando a Edo» rispose il maestro di Zen.

L'uomo provò un'immensa vergogna. Non la finiva più di scusarsi con l'insegnante del suo imperatore.

Gudo sorrise. «In questa vita tutto è instabile» spiegò. «La vita è brevissima. Se tu continui a giocare e a bere, non ti resterà il tempo di fare altro, e farai soffrire anche la tua famiglia».

Fu come se la coscienza del marito si ridestasse da un sogno. «Come potrò mai compensarti di questo meraviglioso ammaestramento? Lascia che ti accompagni e che porti la tua roba per un pezzo di strada».

«Come vuoi» acconsentì Gudo.

I due si misero in cammino. Dopo tre miglia Gudo disse all'uomo di tornare indietro. «Altre cinque miglia soltanto» lo pregò quello. Continuarono a camminare.

«Ora puoi tornare indietro» disse Gudo.

«Faccio ancora dieci miglia» rispose l'uomo.

«Adesso torna indietro» disse Gudo quando ebbero percorso le dieci miglia.

«Voglio seguirti per tutto il resto della mia vita» dichiarò l'uomo.

In Giappone, gli odierni insegnanti di Zen discendono da un famoso maestro che fu il successore di Gudo. Il suo nome era Mu-nan, l'uomo che non tornò mai indietro.

giovedì 4 settembre 2008

Domande a Nisargadatta

Nisargadatta é considerato uno dei maggiori esponenti moderni dell'Advaita Vedanta. Famoso é il suo libro "Io sono Quello". Questo libro é un insieme di domande e risposte molto illuminante, come é solito per i "Vedantini". Vediamone qualcuna.

Domanda: Tutti i maestri consigliano di meditare. Qual è lo scopo della meditazione?
Risposta: Conosciamo il mondo esterno di sensazioni e azioni, ma il nostro mondo interiore di pensieri e sentimenti, ci è poco noto. Il primo scopo della meditazione è acquistare consapevolezza e familiarità con la nostra vita interiore. Lo scopo ultimo è raggiungere la fonte della vita e della coscienza. La capacità di meditare influenza profondamente il carattere. Siamo schiavi di ciò che non conosciamo, e padroneggiamo ciò che è noto. Di qualsiasi vizio o debolezza annidati in noi, veniamo a capo solo conoscendoli, mettendo a nudo le cause e gli effetti. Quando l'inconscio è portato al livello di coscienza, si dissolve, e la sua estinzione libera energia; la mente si sente all'altezza della situazione e diviene quieta.

Domanda: A che serve una mente quieta?
Risposta: Con la mente quieta, emergiamo a noi stessi come puri testimoni. Ci distacchiamo dall'esperienza e dallo sperimentatore, e ce ne stiamo in disparte nella pura consapevolezza, che è a metà strada e al di là di ambedue. La personalità, che ci fa immaginare di essere "questo" o "quello", continua a funzionare, ma come parte del mondo oggettivo. Ciò che si sospende è l'identificazione col testimone.

Domanda: Esistono tante teorie sulla natura dell'uomo e dell'universo. Quella della creazione, dell'illusione, del sogno - e molte altre -. Qual è la vera?
Risposta: Tutte sono false e vere insieme. Puoi scegliere quella che più ti aggrada.

Domanda: Quali sono le idee false e quelle vere?
Risposta: Generalmente le affermazioni sono false, e le negazioni vere.

Domanda: Siamo come animali che inseguono scopi vani, apparentemente senza fine. C'è una via d'uscita?
Risposta: Molte vie ti saranno offerte, che ti faranno girare a vuoto, e ritornare al punto di partenza. Prima di tutto renditi conto che il tuo problema esiste solo allo stato di veglia, e che, quando dormi, puoi cancellarlo totalmente. Da sveglio sei consapevole; nel sonno, sei solo vivo. Coscienza e vita, ambedue puoi chiamarle Dio; ma tu sei al di là, oltre Dio, l'essere e il nonessere. Questa esperienza di conoscerti come il tutto e al di là del tutto ti è impedita dalla mente che è basata sulla memoria. Ha potere su di te finché le dai fiducia; perciò non combatterla, lìmitati a ignorarla; non alimentata dall'attenzione, sarà costretta a scoprire il suo meccanismo. Quando ne sarai venuto a capo, non le permetterai di creare problemi immaginari.

Domanda: Per maturare ci vuole l'esperienza?
Risposta: Hai già tutta l'esperienza che ti occorre, se no, ora, non saresti qui. Non ti serve accumularne ancora, ma oltrepassarla. Qualunque sforzo tu faccia, o metodo segua, produrranno altra esperienza, senza portarti oltre. Leggere nuovi libri non ti aiuterà. Potranno arricchirti di nozioni, ma la persona che sei, resterà tale e quale. Se ti aspetti dei benefici dalla tua ricerca, non hai colto il centro. La verità non dà vantaggi: né una posizione sociale superiore, né un potere sugli altri; largisce se stessa e la libertà dalla menzogna.

Haiku

Gli Haiku sono componimenti poetici molto vicini alla cultura zen. La loro particolarità e la loro brevità. Queste poesie sono composte da soli tre versi. La metrica della poesia é di 5 sillabe, seguita da 7 sillabe e in fine ancora da 5 sillabe. Questi componimenti hanno come tema di fondo la natura, vista senza connotazioni di tipo scientifico o altro, bensì dal punto di vista delle sensazioni che si provano osservando quello che si ha dinnanzi senza giudizio. La particolarità degli Haiku é quella di avere almeno un termine che indichi o quanto meno faccia capire la stagione dell'anno di cui si sta parlando o a cui ci si riferisce. Questi componimenti mostrano una stretta correlazione e varie somiglianze con i koan e con la letteratura zen in generale.
Un'altra particolarità degli Haiku é che, diversamente da come sia abituati in occidente, queste poesie non hanno titolo.
Leggiamone qualcuno.



In viaggio, ammalato;
i sogni vagano, sospesi
in una landa desolata.


Nel vecchio stagno
una rana si tuffa.
Il rumore dell'acqua.


C'ero soltanto.
C'ero. Intorno
mi cadeva la neve.


La quercia
sembra non curarsi
dei ciliegi in fiore.


Erba estiva:
per molti guerrieri
la fine di un sogno.


Su un ramo secco,
si posa un corvo,
crepuscolo autunnale.


Tornando a vederli
i fiori di ciliegio, la sera,
son divenuti frutti.

Sapere o non sapere?

Questo é il dilemma. Socrate ha risposto a questa domanda, ma non é stato il solo. Troviamo un' altra risposta molto ermetica, ma neanche tanto nel settantunesimo capitolo del Tao Te Ching.
Ecco qui il testo.

IL DIFETTO DELLA SAPIENZA

Somma cosa è l'ignoranza del sapiente,
insania è la sapienza dell'ignorante.
Solo chi si affligge di questa insania
non è insano.
Il santo non è insano
perché si affligge di questa insania.
Per questo non è insano.

martedì 2 settembre 2008

Koan

Cos'é un koan? Un koan é una sorta di indovinello. Ma un indovinello senza risposta. Oppure anche con risposta. Ma il punto é che non conta la risposta. Il koan nasce nella tradizione del buddhismo zen come metodo per "sfuggire" alla mente convenzionale. Cercando di risolvere un koan ci si rende conto che questi indovinelli non hanno una risposta, quantomeno una risposta razionale. La risposta ad un koan in pratica é un misto tra una risposta razionale ed una irrazionale e poiché la somma degli opposti é la totalità, la risposta non può esser nient'altro che un distacco dal pensiero e dalle convenzioni. In pratica nei koan non é importante trovare la risposta, o che la risposta non é la risposta, perché ogni risposta sarebbe sbagliata, quanto capire che é sbagliata la domanda. Ma in realtà siamo proprio sicuri che sia sbagliata la domanda? No, perchè dovrebbe. Allora forse il problema é che la risposta é la domanda o la domanda é la risposta in fin dei conti.

Ora siamo pronti a leggerci un pò di koan.


Un maestro prese un giorno una pietra e domandò al discepolo:
"Questa pietra si trova all'interno o all'esterno della mente?".
Il discepolo pensò che non era il caso di dare la risposta più banale.
E quindi disse: "All'interno".
"Allora chissà quanto é pesante la tua mente!"


Se non puoi fare niente, che cosa puoi fare?


Il maestro stava passeggiando con il suo gruppo di discepoli, indicò il terreno e disse:
"Questo é un posto adatto per costruirvi un monastero."
Un monaco prese un filo d'erba e lo posò sul terreno, dicendo:
"Ecco il monastero é già costruito!"
Il maestro sorrise.


Qual'e' il suono di una sola mano che applaude?


Due discepoli chiacchieravano.
"Il mio maestro attraversa il fiume camminando sull'acqua. Il tuo é capace di fare miracoli come il mio?"
chiese il primo, con aria di superiorità, al secondo.
Questi gli rispose umilmente:
"Il miracolo più grande che fa il mio maestro é di non farli."


Quale la tua faccia originaria di prima che tua madre e tuo padre nascessero?

Lo stato naturale

Mystique of enlightenment o La mistica dell'illuminazione é un libro del già citato U.G. Krishnamurti. In questo libro che e' strutturato come un'intervista, come nella maggior parte dei suoi libri, U.G. si riferisce all'illuminazione come ad un grande disastro. Sostiene che nessun uomo su questo pianeta vorrebbe fare l'esperienza dell'illuminazione. Un po' come nel precedente post sul Tao Te Ching dove Lao-tzu sostiene che il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao, U.G. sostiene che l'illuminazione a cui si pensa e a cui si aspira non rende per nulla il concetto di illuminazione. U.G. sostiene che non c'e' nessuno che possa provare questa fantomatica illuminazione. Potrebbe sembrare strana una cosa del genere, ma non lo é affatto. Il punto é che quando l'illuminazione avviene non c'é più nessuno. La persona é ciò che pensa di essere, ma quando i pregiudizi e gli schemi mentali non si fanno piu' sentire, allora anche quell'insieme di idee e preconcetti che sono alla base di una persona spariscono e a quel punto tutto cio' che si pensa di essere se ne va. Per la persona quindi questa resa dei conti, questa illuminazione e' un disastro, un autentico disastro. Questo é ciò che sostiene U.G.
Ora riporto una parte di un brano tratto da questo libro e tradotto, perché secondo me il modo di esprimersi di U.G. é particolare ed ha il suo fascino. Per una lettura integrale del brano cliccate qui.

Tao Te Ching

Il Tao Te Ching é uno dei testi principali del taoismo ed é stato scritto da Lao-tzu o Lao-tze come dir si voglia intorno al 570 a.C. E' composto da 81 piccoli capitoli. E' un testo decisamente ermetico, ma se così non fosse non potrebbe essere così chiaro nella sua oscurità. Ad una prima occhiata in effetti può sembrare un testo fatto di giochi di parole, ma ad una lettura leggermente piu' approfondita si rivela tutt'altro. Qui riporto il primo capitoletto. Questo capitolo é un tentativo di descrivere la correlazione esistente tra il relativo e l'assoluto, decisamente ben riuscito. Be', se non lo fosse stato in effetti, difficilmente sarebbe stato il primo capitolo del Tao Te Ching.

Delinea il Tao

Il Tao che può essere detto

non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.
Perciò chi non ha mai desideri
ne contempla l'arcano,
chi sempre desidera
ne contempla il termine.
Quei due hanno la stessa estrazione
anche se diverso nome
ed insieme sono detti mistero,
mistero del mistero,
porta di tutti gli arcani.

lunedì 1 settembre 2008

Aforismi zen

Ecco qui una lista di aforismi zen. Ogni tanto fa bene leggerne qualcuno. Dovrebbe diventare una pratica quotidiana. Un aforisma al giorno toglie il medico di torno.


Bussa al cielo e ascolta il suono!

(detto zen)
Se sulla via incontri un uomo che sa, non dire una parola, non restare in silenzio!
(detto zen)

Parlare sempre di zen è come cercare orme di pesce nel letto di un torrente asciutto
(Wu Tzu)

Prima di studiare lo zen, i monti erano i monti e le acque erano le acque; quando cominciai a studiare lo zen, i monti non erano più i monti e le acque non erano più le acque. Dopo l'illuminazione, i monti sono tornati ad essere monti e le acque sono tornate ad essere acque. (Detto zen)

La Via perfetta non conosce difficoltà,

esclude solo ogni preferenza.

(Shi Jin Mei)

“Due draghi litigano per una pietra preziosa.

Quale dei due riuscirà ad averla?”
“A quello che perde non manca nulla;
quello che vince non ne ha bisogno”.

(Joshu)

È meglio non fare nulla e prendersela comoda.

Quando mi viene fame mangio il mio riso;
quando mi viene sonno chiudo gli occhi.
Gli sciocchi ridono di me,
ma il saggio comprende.

(Rakudo ka)

Praticate la via come se steste cercando di estinguere un fuoco che brucia sulla sommità della vostra testa.
(Gakudo Yojinshu)


Quando incontri un maestro di scherma, mostragli la tua spada. Quando incontri un uomo che non é un poeta, non mostrargli il tuo poema.
(Lin Chi)

La luna si staglia luminosa nel blu! Acqua gelata sull'orizzonte definisce alto e basso. Spaventato, il drago si srotola tra le onde.
(Ryuzan)





sabato 30 agosto 2008

U.G. Krishnamurti


Ne avete mai sentito parlare? U.G. Krishnamurti che sta per Uppaluri Gopala Krishnamurti é stato un uomo molto controverso nell'ambito spirituale o filosofico per il suo modo di vedere la vita totalmente distaccato da ogni forma di pregiudizio e mistificazione. E' stato diciamo così "reso famoso" dal libro di Isabella di Soragna, "i non guru del non culto del non metodo". Questo libro fa una panoramica su uomini particolari dello scorso secolo che consideravano la spiritualità e la meditazione in maniera molto diversa dal comune uso che si fa di queste parole. In pratica, come dice il titolo del libro stesso, queste persone sostenevano l'inutilità di seguire un metodo predefinito allo scopo di raggiungere una fantomatica liberazione "spirituale" e peggio ancora aborrivano i concetti di culto e di guru. Ma degli altri personaggi descritti ne parleremo in separata sede. Ora torniamo a U.G. U.G. si distingue per il suo anticonformismo spirituale: nega la validità di qualsiasi credo od idea e invita caldamente a lasciarsi alle spalle i cosiddetti "guru", perché loro stessi non conoscono nessuna risposta e anche se la conoscessero non potrebbero comunicarla. Per U.G. non esiste nessuna evoluzione spirituale o illuminazione, ,ma piuttosto solo una grande calamità. Questo avvenimento rappresenta la fine di tutto ciò a cui si é creduto fino a quel momento e perciò non si può definire una conquista o un raggiungimento, ma più una perdita, perche' i parametri come bene e male, giusto e ingiusto svaniscono e non c'e' nemmeno più niente da raggiungere.

La meditazione

Questo blog nasce con l'intento di fare una panoramica sul mondo della meditazione e in particolare delle filosofie legate ad essa quali l' advaita vedanta, lo zen, il taoismo, etc.